Le note hanno una data di scadenza?
Le note hanno una data di scadenza?
Ogni viaggio in autobus può regalarci una preziosa lezione di vita. L’ultima risale a pochi giorni fa. Ero seduto dietro a due adolescenti, una delle due si toglie le cuffiette dalle orecchie e le passa alla sua amica invitandola ad ascoltare una canzone, dopo qualche secondo l’amica le restituisce con una smorfia di disgusto protestando: «Maddai! È della settimana scorsa… È vecchia!»
Anche se il tempo in cui viviamo (se confrontato col passato) ci consente ampie libertà, dobbiamo ammettere che in alcune aree del mondo musicale vige una severa dittatura del presente, un pensiero unico che conosce e idolatra esclusivamente ciò che appartiene all’oggi.
In questi strani territori della Musica gli autori, i compositori e gli interpreti sono giudicati da un pubblico privo di una giurisdizionale emozionale, ma esclusivamente temporale con scadenza prestabilita alla fine del giorno corrente.
In queste aree del mondo musicale la canzone di oggi inevitabilmente destituisce di ogni valore artistico la canzone di ieri tacciandola di arretratezza; un incantesimo che si scioglie allo scoccare della mezzanotte, come quello di Cenerentola.
Tuttavia in questi territori della Musica è molto facile perdere di vista un importante dettaglio: l’esasperazione del presente, nonostante l’altro mito vigente, quello del progresso, distrugge anche il futuro. Infatti in questi territori nessun musicista crea o lavora per i posteri: gli artisti si impegnano esclusivamente a breve termine. I pochi progetti che si ostinano a superare il confine dell’oggi diventano prede dell’ansia di anticipare, prevedere, razionalizzare e neutralizzare il futuro attraverso il calcolo, le probabilità, la statistica e i modelli matematici algoritmici. I sogni artistici che cercano nell’indeterminazione del domani (combustibile della speranza) la loro realizzazione sono forzatamente ricondotti negli schemi destinati a togliere all’avvenire la sua incertezza, detronizzarlo a favore dell’oggi o ridurlo a una sorta di presente gonfiato, realtà aumentata o corda tesa all’infinito.
Inutile dire che in questi territori della Musica la cultura musicale è un “non-valore”.
La conoscenza richiesta ad autori e compositori è quella di un “sapere-Bignami”, rapido, superficiale e strumentale:
la conseguenza è una diffusa ignoranza alimentata da uno specialismo sempre più angusto, la conoscenza settoriale con il paraocchi che fece scrivere a George Bernard Shaw: “specialista è colui che sa sempre di più su sempre di meno, fino a sapere tutto di niente”.
La dittatura del presente è arrogante poiché scarta per principio quanto non si accorda con sé stessa ed è infantile: infatti l’idolatria del nuovo ricorda il rapido disinteresse del bambino per il giocattolo con cui giocava fino a un attimo prima che arrivasse il giocattolo nuovo.
Nuovo è sinonimo di migliore esattamente come oggi è superiore a ieri. Questo è maggiormente riscontrabile nel mondo della tecnologia: infatti sono curiosi l’entusiasmo e l’attesa spasmodica che circonda la messa sul mercato di nuovi apparati tecnologici dotati di una funzionalità in più rispetto al modello precedente, le code chilometriche, la gioia estenuata di chi ha conquistato a caro prezzo e con fatica fisica l’oggetto del desiderio. Stranamente, pochissimi si chiedono come mai avessero atteso con altrettanto fremito il modello precedente, così obsoleto, poco efficace, giudicato ora addirittura… brutto. Ma nella dittatura del presente una delle leggi fondamentali è che ci piace esclusivamente ciò che ci viene fatto piacere (oggi).
Come concludere questo lungo pensiero? Ho due conclusioni…scegliete quella che preferite!
1) Ridurre chi ascolta musica nella sola dimensione del presente significa condannarlo a esaurire sé stesso nel gesto compulsivo di “sentire senza ascoltare” trasformandolo in una persona senza storia, estranea anche a sé stessa.
2) Se su un autobus incontrate due persone come quelle che ho descritto all’inizio, indossate le cuffiette e ascoltate a tutto volume un brano che in un passato recente o remoto vi ha accompagnato in un momento di felicità. L’emozione che se ne ricava è impagabile.
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